
Il rosso è il colore della forza, della tenacia, dell’ambizione di diventare qualcuno nel mondo food.

Il cibo è sempre stato un momento di convivialità e un’occasione di confronto e aggregazione. Oggi l’argomento food è il tema più dibattuto online e il foodtelling è il nuovo pane quotidiano. Ma perché si parla così tanto di cibo?
Da bisogno fisiologico con valore funzionale, il cibo diventa anche espressione di sé. Si usa di frequente il cibo fotografato e postato sui social per raccontare un’esperienza e si finisce in qualche modo per raccontare anche se stessi e definirsi così come appartenenti al popolo dei “foodie” (con questo termine si indica un appassionato del settore che, pur non essendo intenditore, si pronuncia sul cibo e si cimenta in discussioni social inerenti).

Quante tipologie di “foodie” esistono? Secondo Squadrati– agenzia che si occupa di ricerche di mercato ed analizza tendenze di consumo- ha identificato tramite un quadro semiotico 4 differenti tipologie di “foodie”:
- veraci: per loro la tradizione è sacra e non sono interessati all’estetica del piatto e alle nuove tendenze;
- gourmet: prestano attenzione al buon gusto, alle guide, alle mode e alle stelle (Michelin of course!);
- foodster: sono attratti dalla contaminazione, dalla novità e sono mossi dalla curiosità;
- critical: hanno una forte sensibilità per il bio, l’etico, l’anti-industrialità e sono interessati alle materie prime e ai processi di lavorazione.
Studiando il modo in cui i lavoratori fanno foodtelling, i brand e le aziende possono capire quali sono i canali più idonei e gli strumenti migliori da utilizzare per una comunicazione mirata e coinvolgente, tesa alla creazione di un contenuto di valore.
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Fonte: Inside Marketing